braccio-di-ferro-sul-salario-minimo.-meloni:-‘uno-slogan-che-rischia-di-creare-problemi’

Braccio di ferro sul salario minimo. Meloni: ‘Uno slogan che rischia di creare problemi’

AGI – “Uno slogan che rischia di creare problemi”: Giorgia Meloni interviene così sul tema del salario minimo che, nelle ultime ore, ha visto il muro contro muro fra maggioranza e opposizione in Commissione Lavoro.

Il nodo rimane quello del decreto soppressivo alla proposta di legge dell’opposizione e, assieme a questo, il rinvio o meno a settembre della discussione in Aula. Due ipotesi su cui le opposizioni alzano una nuova barricata. La richiesta alla maggioranza è di ritirare il soppressivo e portare il provvedimento in Aula per la discussione generale, come previsto anche dal calendario della Camera.

Meloni: “È un bel titolo ma rischia di creare problemi”

La premier fino ad oggi è rimasta in silenzio davanti a un dibattito che si è sviluppato per lo più nelle aule del parlamento. Ma a poche ore dalla seduta della Commissione che deciderà sull’emendamento soppressivo e dopo l’apertura di Rizzetto alla possibilità di ritirare l’emendamento, Meloni interviene a Rtl per dire che “il tema per il quale io ho un dubbio sul salario minimo è che è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi”.

Schlein: “È la condizione di milioni di lavoratori”

Parole che provocano la reazione della segretaria Elly Schlein: “Faccio fatica a capire come si possano considerare slogan le condizioni di milioni di lavoratori e lavoratrici, noi siamo disponibili al confronto ma serve il ritiro dell’emendamento soppressivo, per un confronto sul merito”, risponde la leader dem. Le riserve di Meloni sul testo che prevede, tra le altre cose, una paga minima oraria di nove euro, risiedono nella particolarità della contrattazione sindacale in Italia: “Io credo nella contrattazione sindacale, credo che vada rafforzata, che vada trovata una soluzione per quei lavoratori e per quei contratti che non sono coperti, senza pero’ rischiare di abbassare i diritti di quelli che un contratto ce l’hanno”, spiega la premier:

“Questo è il tema che mi pongo, pero’ apriremo un confronto e cercheremo di capire se c’è una soluzione che puo’ tenere insieme le due cose”.

Le reazioni

L’opposizione, tuttavia, rimane scettica sulla reale volontà della maggioranza di aprire un confronto sul tema. Per Francesco Boccia, quello di Meloni “è uno stucchevole balletto. Alla Camera c’è la nostra proposta che la sua maggioranza vuole cancellare con un emendamento soppressivo”, aggiunge il senatore dem: “Se davvero si vuole aprire il confronto basta ritirare qull’emendamento e discutere nel merito di una misura che vuole tutelare oltre 3 di lavoratori sottopagati e che il 70 per cento degli italiani afferma di apprezzare”.

Il presidente della Commissione, Walter Rizzetto, ha aperto nella tarda serata di ieri alla possibilità di ritirare l’emendamento. A una condizione: che subito dopo l’approdo del testo alla Camera i lavori vengano sospesi fino a settembre. “Ho avanzato alle opposizioni una proposta che va verso il dialogo e il confronto sulla proposta di legge sul salario minimo: non votare nessuna emendamento domani ed arrivare in Aula per poi approvare una sospensiva alla proposta per approfondire ancora il dibattito”. Una ipotesi irricevibile per i partiti di opposizione.

Per Giuseppe Conte, quello di Rizzetto “è un primo passo, ma non abbastanza, soprattutto se accompagnato dalla volontà dilatoria di questa maggioranza: quattro milioni di lavoratori attendono con urgenza una misura di civiltà per dare dignità al lavoro. Il Governo non puo’ pensare di prenderli in giro dicendo che devono ancora studiare e approfondire”. Anche dagli altri partiti che hanno partecipato alla stesura del testo unitario arriva lo stesso altolà. Il Partito Democratico esclude qualsiasi rinvio e chiede che il testo sia portato in Aula per essere discusso.

La data c’è già, è quella di giovedì 27, l’ha stabilita la conferenza dei capigruppo, come ricorda il presidente dei deputati di Azione, Matteo Richetti: “Se il presidente della Commissione Lavoro decide di portare il testo base senza emendamenti e senza mandato al relatore è un passo avanti”, spiega il deputato: “La cosa che non si puo’ immaginare è che l’aula voti un rinvio in commissione. Nessuna apertura se ora si dice di non cominciare nemmeno la discussione generale”. 

A sondare fonti dem in Parlamento, emerge il sospetto che alla base dell’apertura da parte della maggioranza ci sia la volontà di non esporsi all’accusa “di mortificare il Parlamento”, da una parte. Dall’altra, la richiesta di rinvio sarebbe motivata, per i dem, “dal timore dei partiti di maggioranza di avviare una discussione che rappresenterebbe un grande spot per l’opposizione, finalmente unita”.

Per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, tuttavia, c’è anche un altro elemento a pesare sulla scelta di Rizzetto: “L’unica utilità” di un rinvio “sarebbe quella di mascherare la confusione della maggioranza e del governo”.

Per tutta la giornata le opposizioni hanno continuato a chiedere il ritiro dell’emendamento soppressivo e hanno ribadito la posizione anche al termine di una riunione dei capigruppo in Commissione lavoro. Riunione che è servita a serrare in ranghi in vista di quello che, a parere di tutti, sarà l’unico vero test per saggiare la volontà del governo di aprire un dialogo: il voto di domani in Commissione lavoro, infatti, il voto sull’emendamento soppressivo è previsto domani, a due giorni dall’approdo in Aula previsto dalla conferenza dei capigruppo della Camera per giovedì. È l’Aula, per le opposizioni, la sede per un confronto con maggioranza e governo. Per arrivarci, tuttavia, è necessario il ritiro dell’emendamento soppressivo.

“Le forze che hanno sottoscritto il dl sul salario minimo chiedono alla maggioranza il ritiro dell’emendamento soppressivo e confermano la volontà di andare in Parlamento già il 27 luglio a discutere nel merito della proposta così come stabilito dalla conferenza dei capigruppo”, si legge nella nota seguita alla riunione alla Camera a cui hanno partecipato i capigruppo alla Camera e nella commissione Lavoro di Pd, M5S, Azione e Avs. Presenti anche Riccardo Magi e Maria Cecilia Guerra. Critica nei confronti del muro alzato dall’opposizione è Italia Viva: “La maggioranza chiede di rinviare a settembre la discussione sul salario minimo per provare a trovare una soluzione comune e noi gli diciamo di No? Un progetto di legge che anche qualora fosse approvato ad agosto alla Camera dovrebbe comunque andare appena al Senato? Su, siamo seri”, dice il deputato Ettore Rosato: “Si chiedano al governo garanzie sul ritiro dell’emendamento soppressivo e sull’avvio di un tavolo di confronto preliminare, ma solo chi privilegia la polemica agli interessi di milioni di italiani sottopagati può dire di No!”. 

Categorie