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Pd e M5s chiedono le dimissioni di Toti, dubbi del centrodestra sui tempi dell’inchiesta

AGI – L’arresto di Giovanni Toti per corruzione piomba sul dibattito politico a un mese dal voto per le Europee. E nell’alveo della maggioranza ci si affida ai principi del garantismo, mentre si leva più di una voce, a partire dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a sollevare dubbi sulla tempistica delle misure. Posizione, quella del Guardasigilli, fortemente criticata, sul fronte opposto, da Pd, M5s e Alleanza verdi e sinistra, che chiedono con forza che il presidente della Regione Liguria si dimetta subito. Linea non condivisa, invece, tra le opposizioni, da Italia viva e Azione.

Le “perplessità” di Nordio

“Non conosco gli atti e da garantista penso sempre alla presunzione di innocenza. Mi è sembrato di capire che si tratta però di fatti che risalgono ad alcuni anni fa e che l’inchiesta non è nata oggi ma tempo addietro”, afferma Nordio. “Ho esercitato 40 anni da pubblico ministero e raramente ho chiesto provvedimenti di tutela cautelare dopo anni di indagini. Le mie perplessità non sono mai sul momento in cui scatta il provvedimento cautelare rispetto all’imminenza delle elezioni”, spiega, ma “se ho delle perplessità tecniche riguardano una misura rispetto al tempo in cui è stato commesso il reato ed è iniziata l’indagine”. Anche se a chi chiede se si tratti di “giustizia a orologeria”, il ministro risponde: “A me non piacciono le frasi fatte o del comune sentire, preferisco tener presente il principio di presunzione di innocenza”.

 

“Sono garantista, per me una persona è colpevole soltanto quando è condannata in terzo grado di giudizio”, commenta il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, che in una nota fa proclamare “l’estraneità” di FI e annuncia la sospensione degli iscritti Maurizio e Arturo Testa, coinvolti nell’inchiesta e ai domiciliari perché accusati di corruzione elettorale, aggravata dal fine di aver agevolato Cosa Nostra.

 

Quanto a Fratelli d’Italia, la linea viene espressa dal capogruppo alla Camera Tommaso Foti, il quale a fine giornata assicura “massima attenzione per i fatti della Regione Liguria, come quella prestata per i fatti di Bari e in generale della Puglia”, che hanno coinvolto il centrosinistra. “Auspichiamo che le indagini siano rapide e che possa esserci piena chiarezza sui fatti, che sono oggetto oggi dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e confidiamo che tutti agiscano nella massima trasparenza”, sottolinea poi Foti.Mentre la linea della Lega è scandita dal vice ministro al Mit, il ligure Edoardo Rixi, che si limita a esprimere “sostegno e ferma solidarietà” a Toti. 

 

Da ottobre presidente di Noi moderati, dopo le esperienze di Cambiamo e Coraggio Italia, Toti guidava dal 2015 una giunta di centrodestra, sostenuta dalla sua lista civica (Cambiamo con Toti presidente), Forza Italia, Lega e FdI. In vista delle politiche del 2022 aveva formato un cartello elettorale insieme a Noi con l’Italia di Maurizio Lupi, e l’Udc di Lorenzo Cesa. Ma, davanti al rischio che i centristi non superassero la soglia di sbarramento, FdI si fece carico di undici candidati centristi (Noi con l’Italia e Coraggio Italia), nell’accordo stretto tra i leader del centrodestra prima del voto. In vista delle Europee, Noi moderati di Lupi ha, invece, optato per una lista unitaria con FI (l’Udc con la Lega) e Toti ha invitato i suoi sostenitori a votare genericamente per tutti i partiti del centrodestra.

Verso il voto europeo

FdI, FI e Lega sono impegnati nel rush finale della campagna elettorale: Meloni radunerà – a Roma, probabilmente a piazza del Popolo – i candidati di FdI il primo giugno, Forza Italia e Noi moderati faranno altrettanto il 13 maggio (alla presenza della presidente della commissione Ue von Der Leyen) e anche la Lega sta studiando le varie iniziative sul territorio (il 13 maggio, per esempio, ci saranno Matteo Salvini e il generale Roberto Vannacci a Bari). Ma in Transatlantico oggi è piombata come un macigno la notizia dell’inchiesta di Genova.

 

I lavori parlamentari saranno sospesi alla Camera il 3 giugno, anche se di fatto già il 28 maggio ci sarà il ‘fuggi fuggì, nella coalizione di governo si discute di riforme ma si andrà ‘lunghì e allora l’argomento principale diventa il rapporto tra politica e magistratura e soprattutto l’arresto, ai domiciliari, del presidente della Regione Liguria.

Dimissioni di Toti? FdI “non esclude nulla”

FI è prudente mentre Fratelli d’Italia sembra in un primo momento spingersi più in là. “Vediamo le carte”, la premessa di un esponente di peso, “ma nel frattempo indichiamo a Toti una via d’uscita”. A parlare pubblicamente è il coordinatore ligure di FdI, Matteo Rosso: le dimissioni di Toti? “Non si può escludere nulla”, afferma inizialmente, per poi precisare: “FdI esprime la massima solidarietà al presidente Giovanni Toti e, confidando nell’operato della magistratura, rinnova la fiducia al governatore”. La posizione del partito è comunque di attesa. “Sta a Toti decidere cosa fare. Ma così non reggiamo neanche un mese”, spiega una fonte parlamentare. Nessuna pressione nei confronti del governatore, “non è una questione di tempistica”, la preoccupazione è legata alla possibilità che l’inchiesta si allarghi e che la maggioranza in Regione possa non essere operativa. “E per noi – dice la stessa fonte – sarebbe il caos, perché al momento non abbiamo neanche un candidato alternativo”.

 

In ogni caso il centrodestra attenderà gli sviluppi dell’inchiesta. “Noi siamo garantisti. Non mi sembra che le accuse nei confronti di Toti stiano in piedi”, osserva un esponente di peso di FI. “Chissà perché queste inchieste arrivano sempre prima di un voto”, ironizza un esponente della Lega. Intanto, l’ordinanza di custodia cautelare della maxi inchiesta per corruzione a Genova è stata inviata dal procuratore capo, Nicola Piacente, alla commissione parlamentare Antimafia. Il centrodestra si schiera comunque al fianco del governatore.

Il risiko delle candidature

La tesi della maggioranza è che il governatore ligure saprà dimostrare la sua innocenza ma l’ipotesi di un passo indietro di Toti, non esclusa da FdI, potrebbe ‘riaprire’ il risiko delle candidature nella coalizione. Le prossime Regioni che andranno al voto sono l’Umbria (dove si è votato nell’ottobre del 2019), e, a seguire, Campania, Marche, Puglia, Toscana e Veneto (si votò nel settembre 2020). In Liguria, si sarebbe dovuto votare in questa ultima tornata elettorale, quindi a settembre 2025, e Toti non si sarebbe potuto ricandidare per il divieto di terzo mandato in vigore per i presidenti di Regione, essendo stato eletto per la seconda volta nel 2020 (con il 56,13% delle preferenze contro il 38,90% andato al candidato del centrosinistra Ferruccio Sansa). In base all’articolo 41 dello statuto regionale, il vice presidente della giunta ligure, il leghista Alessio Piana, sostituisce il governatore autosospeso.

 

Occorre ora capire come si evolverà l’inchiesta e soprattutto quanto durerà il provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Toti. Nel caso in cui Toti si dimettesse nelle prossime settimane, si potrebbe andare al voto in autunno in accorpamento con l’Umbria ed, eventualmente, con l’Emilia-Romagna (la probabile elezione di Stefano Bonaccini a Strasburgo potrebbe portare al voto anticipato). A questo punto, nel centrodestra si porrebbe il tema del candidato.

 

In Transatlantico in mattinata si disegnavano già possibili ‘geometrie variabili’. Chi, tra leghisti e FI, ipotizzava una corsa di Rixi al Palazzo della navigazione. Chi dava per certa la candidatura di Rosso, coordinatore ligure di Fratelli d’Italia, partito che da tempo ambisce alla guida di una Regione del Nord. La prima ipotesi – ovvero la possibilità per la Lega di guidare la Liguria – compenserebbe quindi il partito di Matteo Salvini dell’eventuale ‘perdita’ del feudo veneto, dove Luca Zaia non può ricandidarsi nel 2025, obbligato a uno stop dopo il secondo mandato. Anche se – osserva una fonte di FdI – “la Lega in questo momento è debole in Liguria”. In ogni modo, nè Rixi nè Rosso sarebbero disponibili allo stato per una candidatura che l’inchiesta renderebbe in salita.

 

Ma bisogna anche vedere se sarà percorribile l’altra strada, ovvero quella di reggenza prolungata di Piana, fino alla scadenza della legislatura, anche considerando il fatto che il nome di quest’ultimo è comparso di recente (ma non è indagato) in una inchiesta della Procura di Genova su festini vip con droga e escort, bollata come “fake news” dall’interessato.

L’asse Pd-M5s-Avs chiede un passo indietro

Sul fronte delle opposizioni, dall’asse Pd-M5s-Avs arriva la richiesta forte di dimissioni del presidente Toti. “La commistione fra politica e imprese private con interessi milionari legati alla pubblica amministrazione è una vera e propria malattia da estirpare. Ed è la ragione principale per cui io credo che Toti debba dimettersi e che vada restituita la parola ai cittadini della Liguria”, dice Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana. “È necessario che si vada rapidamente a nuove elezioni. Solo nuove elezioni possono portare chiarezza politica in una regione che ormai è un concentrato di interessi, ovvero aziende, società e persone che hanno finanziato la campagna elettorale del presidente Toti, e che poi sono le stesse società che hanno ottenuto autorizzazioni o delibere dalla stessa Regione”, rincara Angelo Bonelli di Allenza verdi e sinistra. “Elezioni subito” è anche la linea del Partito Democratico.

 

I dirigenti dem della Liguria, in una nota, rompono gli indugi e chiedono che inizi immediatamente quel processo di rigenerazione delle istituzioni regionali di cui parla anche l’ex ministro Andrea Orlando. “Si deve chiudere la stagione del centrodestra in Liguria. Toti si dimetta e ci siano subito nuove elezioni”, si legge nel testo firmato dai dirigenti Pd di Genova e Liguria. Una richiesta che va anche oltre la cronaca giudiziaria. Muove, piuttosto, dal giudizio negativo sul governo regionale: “In questi anni il Partito Democratico a tutti i livelli ha denunciato i danni e le conseguenze che questa gestione della politica ha causato alla sanità, al lavoro, alle infrastrutture, ai servizi sociali”. Questo, assieme alla “poca distanza dalle scadenze elettorali sollecita una mobilitazione civica: in nome della moralità della politica e di un’idea di Liguria diversa”. Una posizione che ricalca quella di Orlando. L’esponente dem è tra i primi a sollecitare, a fronte di un “quadro desolante”, un processo di rigenerazione che non può avere inizio se non con le dimissioni del governatore: “Bisogna evitare che questo cortocircuito molto grave pregiudichi gli interessi della regione e i grandi investimenti che la riguardano. È quindi necessario evitare che la situazione vada allo sbando. C’è la necessità di avviare un forte processo di rigenerazione nell’interesse della regione e dei liguri”.

 

A chiedere le dimissioni di Toti è anche Giuseppe Conte: “L’inchiesta è appena uscita, stanno emergendo fatti precisi e gravi. È bene che” il presidente della Liguria “ne tragga le conseguenze”, spiega Conte a margine degli Stati Generali dei commercialisti. Un appuntamento, quello di Roma, al quale partecipa anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

 

Conte e Nordio non si incrociano in platea, ma il loro sembra il più classico dei botta e risposta. Il Guardasigilli esprime perplessità sulla custodia cautelare domiciliare disposta per Toti: “Il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e la reiterazione del reato sono i motivi per cui si può arrestare”, ma “dopo tanti anni dall’evento che si è verificato e dalle indagini” è difficile che “possano ancora sussistere”. Al contrario, Conte ritiene quella che si è mostrata a Genova “una ferita grandissima alla democrazia” che solleva “una questione morale nazionale” e “non è certo mettendo la mordacchia alle toghe che si può trovare una soluzione”. Un riferimento nemmeno tanto implicito alla riforma che porta il nome del ministro e che è attesa “a breve” in Consiglio dei ministri. Su Nordio si sofferma anche la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani: “Le parole di Nordio sembrano quelle della difesa del presidente Toti, non certo di chi dovrebbe agire con leale collaborazione istituzionale”.

La cautela dei centristi

Al coro che chiede le dimissioni di Toti non partecipa Matteo Renzi. Ricordando che “siamo all’opposizione di Toti”, il leader di Italia viva sottolinea che “a maggior ragione siamo garantisti. Commenteremo le sentenze. Non ho mai pensato che un provvedimento giudiziario debba automaticamente influire sulla vita politica del Paese”. Posizione speculare a quella di Azione: “È troppo lungo l’elenco dei governatori indagati, sbattuti sui giornali con clamore e poi prosciolti o assolti, da Pittella a Fontana, da Oliverio a De Luca, da Zingaretti a Bonaccini per citarne alcuni, per non prendere con i piedi di piombo le accuse contro Giovanni Toti”, dice il deputato Enrico Costa. 

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