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Toti arrestato per corruzione, terremoto politico in Liguria

AGI – Terremoto politico, amministrativo e giudiziario in Regione Liguria, dove con l’accusa di corruzione è stato arrestato e condotto ai domiciliari il presidente Giovanni Toti. Stamane i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Genova hanno dato esecuzione a una serie di ordinanze di applicazione di misure cautelari nei confronti non solo del governatore, ma anche di Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale di Sistema del Mar Ligure Occidentale e ad di Iren, dell’imprenditore Aldo Spinelli, ex patron di Genoa e Livorno.

 

Per Signorini è stato disposto il carcere, mentre per gli altri tre i domiciliari. Misure cautelari sono scattate anche per Roberto Spinelli, imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, destinatario della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale, accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria; Mauro Vianello, imprenditore operante nell’ambito del Porto di Genova (destinatario della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attivita imprenditoriale e professionale, accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini); Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga S.p.A., anche lui temporaneamente interdetto, accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria.

Le origini dell’inchiesta

Un’inchiesta che unisce diversi filoni, che accende i riflettori sul radicamento della criminalità organizzata in Liguria e che mette al centro il governatore, sospeso dal suo incarico e già sostituito con il vicepresidente della Regione, Alessandro Piana. L’indagine, coordinata direttamente dal procuratore Nicola Piacente insieme agli aggiunti Francesco Pinto e Vittorio Ranieri Miniati e ai sostituti Luca Monteverde e Federico Manotti, è partita nel 2020 da un’ipotesi di corruzione elettorale formulata dalla Procura della Spezia e coordinata dal procuratore capo della Spezia Antonio Patrono e dalla sostituta Elisa Loris. È stata la Procura della Spezia a trasmettere gli atti a quella genovese, che ha sua volta ha scoperto un nuovo vaso di Pandora. Gli indizi a carico degli indagati sono stati raccolti grazie a intercettazioni e attività di pedinamento e osservazione.

 

L’indagine, come detto inizialmente concentrata su ipotesi di corruzione elettorale, si e successivamente sviluppata su specifiche vicende riguardanti finanziamenti, ritenuti illeciti, per la compagine politica facente capo al presidente della Regione Liguria, erogazioni di varie utilità in favore dell’ex presidente dell’Autorita di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, e l’individuazione delle determinazioni sollecitate, promesse e/o adottate dagli indagati a fronte dei finanziamenti e delle utilità ricevuti. Nell’ordinanza, già inviata alla commissione parlamentare antimafia, emerge che Matteo Cozzani “agì su mandato ricevuto da Giovanni Toti durante la campagna elettorale del 2020, insieme ai fratelli Testa, rappresentanti della comunità riesina genovese”, scrive il gip Paola Faggioni del Tribunale di Genova, nell’ordinanza che ha portato all’arresto, tra gli altri del governatore ligure.

 

Cozzani, ex sindaco di Portovenere e capo di gabinetto di Toti è agli arresti domiciliari. “Cozzani – prosegue – in qualità di coordinatore della lista “Cambiamo con Toti presidente”, ha agito per ottenere a vantaggio della lista del candidato presidente Giovanni Toti e di alcuni candidati, Ilario Cavo, Laura Lauro e Stefano Anzalone, il voto degli appartenenti della comunità riesina di Genova, promettendo agli elettori, tramite i fratelli Testa, quale contropartita essenzialmente posti di lavoro destinati agli stessi elettori, ovvero a persone con questi legati da rapporti di parentele o amicali. Ciò è avvenuto mediante accordi e patti che Cozzani ha siglato su ‘mandato’ di Toti”.

I rapporti con i clan

È proprio la figura dei Testa a sancire, ancora una volta la presenza della criminalità organizzata in Liguria, profondamente radicata nel territorio e con molti legami con la politica e l’imprenditoria locale. Abbandonando i tradizionali metodi cruenti, “l’associazione mafiosa siciliana ha sviluppato una sorta di accurata mimetizzazione, volta da un lato a rendere difficoltosa la raccolta di prove da parte degli inquirenti, dall’altro a evitare forte di controproducente allarme sociale”, scrive il gip. In questo caso, “le corruttele elettorali sono state realizzate in occasioni di consultazioni elettorali del 20 e 21 settembre 2020 ed hanno coinvolto soggetti vicini agli ambienti della famiglia di Riesi, consorteria mafiosa radicata a Genova nel quartiere di Certosa”.

 

La presenza dei riesini in provincia di Genova è radicata già dal 1985, come certifica una sentenza del Tribunale del capoluogo ligure. I riesini, per quanto riguarda invece il terremoto in Regione Liguria, sono i fratelli Testa: Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, destinatari dell’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere, accusati del reato di corruzione elettorale, aggravato dall’art. 416-bis.1 c.p. in quanto commesso al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, segnatamente il clan Cammarata del Mandamento di Riesi con proiezione nella città di Genova. 

 

I due gemelli sono stati richiamati in causa anche durante la programmazione della campagna elettorale di ricandidatura del sindaco Marco Bucci. In una telefonata intercettata il 13 febbraio 2022, intercorsa tra Toti, Bucci e Cozzani, parlando del reperimento delle risorse per la campagna elettorale (stimato in 250 mila euro), il governatore chiama in causa i riesini. Ma il nome, scrive il gip, “suscita una reazione preoccupata da parte di Cozzani” che dichiara “stacci lontano da quelli lì, ci mettono in galera”.

Il mondo portuale trema

Un’inchiesta che fa tremare non poco il mondo portuale e una delle kermesse di punta della Liguria: il Salone nautico. Ci sono infatti anche il presidente di Confindustria nautica, Saverio Cecchi, e il direttore commerciale del Salone nautico di Genova, Alessandro Campagna, nell’elenco degli indagati per corruzione dalla Procura della Spezia, nel solco dell’inchiesta madre di Genova. Per Cecchi e Campagna è scattato il divieto di attività di impresa e uffici, di esercitare professioni, imprese o uffici direttivi. Le misure cautelari, scattate a Genova sono state dettagliatamente motivate dal gip nell’ordinanza da oltre 600 pagine: per Giovanni Toti sono scattate per “il pericolo attuale concreto che l’indagato commetta altri gravi reati”, in particolare “che possa reiterare in occasione delle prossime elezioni analoghe condotte corruttive, mettendo al propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sè e per gli altri”. Tali esigenze cautelari “sono desumibili essenzialmente dalle modalità stesse della condotta dalle quali traspare una evidente sistematicità del meccanismo corruttivo”.

 

Il gip aggiunge che “si ritengono altresì sussistenti stante il pericolo attuale e concreto di inquinamento probatorio”, ovvero che l’indagato “si ponga in contatto con altri indagati per elaborare una strategia comune”, oppure che contatti persone “in grado di fornire circostanze utili ai fini di una conveniente ricostruzione degli eventi”. Per Cozzani, le esigenze cautelari (ai domiciliari) vengono applicate anche sulla base della “sorprendente disinvoltura manifestata nel compiere le condotte corruttive”. Per Spinelli, anche lui ai domiciliari, “il giudice parla di “evidente sistematicità del meccanismo corruttivo per il raggiungimento dei propri interessi imprenditoriali”. Ancora pià grave il quadro per l’ad di Iren, Paolo Emilio Signorini, unico in carcere: il gip parla di una “personalità del tutto incurante dell’interesse pubblico e dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica funzione svolta, messa a disposizione e servizio di interessi di privati al fine di ottenere ius cambio utilità personali (saldo delle spese per il matrimonio della figlia, soggiorni di lusso, promesse di incarichi lavorativi prestigiosi)”. 

 

Per la giudice è “allarmante la sistematicità del meccanismo corruttivo, posto in essere in un ampio arco temporale e con due diversi imprenditori portuali, dimostrando una scarsa consapevolezza dell’importantissimo ruolo pubblicistico ricoperto”.

Per il sindaco Bucci “c’è una città da portare avanti”

Intanto, mentre Pd e M5S chiedono dimissioni di Toti e della sua squadra, dalla giunta regionale e dal sindaco di Genova, Marco Bucci, arriva una levata di scudi: “C’è una città da portare avanti con un piano strategico, ben preciso e 7 miliardi da mettere a terra e a mare – ha detto il primo cittadino – Su questo si va avanti a velocità forse ancora maggiore. Il messaggio è che bisogna fare le cose, farle ancora meglio e ovviamente stare attenti che non ci sia nessun tipo di inquinamento. Dico solo che noi faremo tutto il possibile, perché non si blocchino le istituzioni, anzi deve essere un messaggio per andare avanti. Poi io sono garantista, ovviamente e quindi voglio aspettare tutti i gradi di giudizio. E comunque, in ogni caso, piena fiducia nella magistratura”. 

 

Bucci ha aggiunto che “Io commento quello che è la mia parte, cioè quella della città e quello che le nostre amministrazioni devono fare per la città, che continuerà non solo alla stessa velocità di prima, con la stessa tenacia di prima e la stessa forza di prima, ma forse ancora di più, proprio per dimostrare che le cose si devono fare bene. Vi ricordate quanto avevo detto dopo il crollo del Morandi? Quel giorno ho detto che la città non è in ginocchio. Anche adesso nessuno di noi è in ginocchio, Anzi, siamo in piedi e con ancora maggiore energia, perché vogliamo dimostrare che le cose si fanno bene”. Infine, “dal punto di vista umano non può far altro che dispiacermi, però magari poi non c’è nulla, quindi è inutile fare questi commenti adesso perché hanno poco senso. Quello che ha senso adesso è dire che bisogna portare avanti le cose e farle nel modo migliore possibile”.

 

Per l’assessore regionale all’Urbanistica, Marco Scajola, fedelissimo di Toti ed esponente della sua lista, Toti è “persona che riteniamo onesta, corretta, che lavora ogni giorno nell’interesse della Liguria. Auspichiamo che questa triste vicenda possa chiarirsi nel più breve tempo possibile e possa, nel più breve tempo possibile, tornare a svolgere il lavoro che sta portando avanti con grande determinazione e grande coraggio. La Liguria in questi anni è cambiata, è sotto gli occhi di tutti. Tutta la giunta è coesa”. Ma c’è già chi, come FdI, storico esponente della coalizione, valuta le dimissioni. Toti stavolta starà a guardare, dalla sua casa di Ameglia. L’avvocato Stefano Savi ha dichiarato che sarà in grado di spiegare tutto. Lui, dal canto suo, afferma di essere “tranquillissimo”. 

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