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Android non piace più e Apple ne approfitta

AGI – Una cosa alla quale ormai siamo abituati è sentire lo squillo di un iPhone nella quasi totalità delle serie tv. Almeno in quelle americane. C’è la questione della leggenda metropolitana secondo cui Apple pagherebbe gli studios per fare usare i suoi device nelle produzioni di Hollywood (a condizione che non siano mai nelle mani dei cattivi). Ma c’è, soprattutto, il fatto che negli Stati Uniti gli iPhone – e quindi il loro sistema operativo iOs – sono molto più diffusi dei telefoni che usano Android: Samsung e Google (con i suoi Pixel) su tutti.

Se si vanno a guardare le quote di mercato negli Usa, secondo StatCounter, la distribuzione è 62.13% iOs e 37.47% Android. Ma se si va a guardare il dato globale, la proporzione è invertita: 67.56% Android e 31.6% iOS.

Il perché è presto detto: in molti Paesi in cui le persone hanno un reddito disponibile molto basso il primo fattore nella scelta di un telefono è il costo. In quelle aree, Apple non può competere con Google. Il motivo principale per cui Android detiene la quota di mercato globale è probabilmente limitato all’Asia, un continente molto popolato, dove più di 320 milioni di persone vivono in condizioni di estrema povertà e probabilmente non guardano i marchi o le caratteristiche quando scelgono un telefono: finché può effettuare chiamate e (a volte) essere online, ha raggiunto il suo scopo.

La situazione in Italia riflette quella del mercato globale: sempre secondo StatCounter, il mercato è per il 68,46% Android e per il 31,09% iOs. Del residuo non vale la pena parlare. Ma mentre quel terzo di iOs è tutto di Apple, i due terzi di Android sono frammentati. Fino al 2019, la distribuzione dei marchi di smartphone era abbastanza netta: un terzo Apple, un terzo Samsung e un terzo Huawei. Poi, dopo il celebre ban sul colosso cinese, quel 30% è stato ulteriormente parcellizzato. In molti si sono gettati su quella fetta e tutti con esiti diversi: Oppo, Xiaomi, realme, Vivo e, più di recente, Honor.

Honor merita una particolare attenzione, perché – usando una citazione abusata – si potrebbe dire che dopo quattro anni la casa cinese che si è faticosamente emancipata da Huawei (di cui fino al 2019 è stata uno spin-off) è tornata per riprendersi quello che è suo. Già, ma cos’era suo? Una quota del 9%, che era costantemente in crescita grazie al successo di alcuni modelli (vedi l’Honor 8) e soprattutto il know-how e le tecnologie rilevate dalla casa madre: batterie e fotocamere su tutte.

Ma il ritorno sulla scena non è stato semplice come previsto: nonostante la qualità di prodotti come la serie Magic, Honor ha dovuto fare i conti con una diffusa disaffezione nei confronti del sistema operativo Android che sta pesando sul mercato di tutti i marchi a vantaggio di Apple.

Secondo gli ultimi dati di Cirp, negli Usa il 15% dei nuovi utenti Apple veniva da un dispositivo Android  e se da una parte è vero che il mercato americano è sempre stato piuttosto fertile per la Mela, dall’altra, in occasione di una conversazione con gli investitori, il CFO di Apple, Luca Maestri, ha sottolineato che “dove la quota di mercato Apple è bassa, l’azienda tende ad aggiungere nuovi clienti”. Il che significa che anche in mercati meno favorevoli, quindi, il tasso degli utenti che passano da Android a iPhone potrebbe essere anche superiore al 15%.

Per cercare di capire cosa stia accadendo nel mercato degli smartphone e cosa stia in particolare succedendo a quello di Android abbiamo intervistato Pier Giorgio Furcas, da pochi mesi direttore commerciale di Honor, dove è arrivato da Huawei e con una promessa ambiziosa: vendere 600 mila smartphone entro la fine dell’anno, a cominciare dalla serie 90, appena lanciata proprio nella fascia di prezzo media, tra i 300 e i 550 euro.

Furcas, il suo, in realtà, è un ritorno in Honor, dove fu artefice del ‘miracolo’ del modello 8

Sono entrato in Huawei nel 2016. e mi hanno chiesto di seguire Honor alla fine del 2016, quindi ho iniziato nel 2017. Honor 8 fu un grande caso, e fu il momento in cui Honor venne ben conosciuta in Italia. Poi come sono andate le cose lo sappiamo tutti.

Però non ha mai tradito la causa: è sempre rimasto nell’abito delle case cinesi

Gli ultimi anni sono stati difficili per ovvi motivi. Non ho abbandonato la causa perché era il momento in cui bisognava restituire a l’azienda quello che l’azienda mi aveva dato. Ma quando capisci che il tuo valore aggiunto viene meno, è chiaro che si deve chiudere un’esperienza quindi sono rimasto fino all’ultimo e ho lasciato quando proprio non c’era più niente da fare.

E ora?

Devo cercare di portare questa azienda al ruolo che secondo me le spetta, visto e considerato qual è oggi il parterre dopo il collasso di Huawei. Abbiamo visto Oppo, abbiamo visto Xiaomi abbiamo visto Vivo, che è stata una meteora, e c’è realme. Insomma sono in tanti.

Perché proprio Honor dovrebbe conquistare quella fetta di mercato che altri non sono riusciti ancora a monopolizzare?

Perché purtroppo il mercato non puoi affrontarlo senza essere strutturato nell’organizzazione, senza esserlo nei processi, senza una chiara politica commerciale. Ci sono mercati dove questo tipo di atteggiamento può funzionare, nelle varie regioni del mondo. In Italia e generalmente nel mercato europeo hai bisogno di brand che siano affidabili; quindi, devi avere una storia da raccontare al mercato, fino all’utente finale, ma anche ai tuoi partner. Deve raccontare una storia che sia credibile: chi sei, cosa vuoi fare, dove vuoi andare, qual è il tuo target nei prossimi 5 anni, anche se oggi sappiamo che il medio termine si è un ridotto ed è più vicino al breve termine

E qual è la storia che volete raccontare?

Una idea chiara di quello che l’azienda vuole rappresentare sul mercato italiano per i prossimi 3 anni. Un’azienda che abbia un approccio di crescita, ma una crescita sana. Non vogliamo drogare il mercato, ma controllare l’immissione del prodotto, cercare il giusto posizionamento, rispondere no alle richieste di erosione dei prezzi che vengono fatte dal mercato retail, perché oggi sappiamo che soprattutto sul mercato Android le cose non vanno così bene.

Che cosa sta succedendo sul mercato Android? Che cos’è che non sta funzionando più?

Quello che ho notato è che il mercato, in particolar modo è sotto i 200 euro, è stato svilito. Una volta si parlava di design, di schermo, si parlava di fotocamera, si parlava di batteria, si parlava di supercharge, si parlava di tutti quei software che accompagnavano l’esperienza d’uso del telefono, fosse anche solo la capacità di inquadrare un fiore e dirti che fiore era. Ecco: queste sono venute a mancare e in particolar modo sotto i 200 euro si parla solo di memoria perché ci sono ancora dei telefoni da vendere a dei prezzi ovviamente bassissimi e questo svilisce il mercato

Ma gli italiani hanno ancora voglia di spendere negli smartphone?

A chi mi dice che gli utenti finali non hanno soldi io rispondo che oggi i ristoranti sono pieni e la gente viaggia. Allora vuol dire che si è persa la volontà di raccontare all’utente finale una storia e importa solo abbattere i prezzi e cercare di buttare gli smartphone sul mercato, con il risultato che il cliente alla fine non vede la differenza tra uno smartphone che costa meno di 200 e uno che ne costa di più. Io devo spiegare un’ultima e finale perché deve spendere 3-400 euro anziché spenderne sotto i 200.  Quando l’utente finale entra nel punto vendita, deve vedere il prodotto, lo deve riconoscere

Quindi cercate un rapporto molto più stretto con l’open market?

Molto più stretto perché l’open market oggi registra un 70% di quota rispetto al totale del mercato, lasciando agli operatori solo il 30%.

Che feeling avete da parte del pubblico su Honor? Non stiamo parlando di un marchio che debutta adesso, ma di un marchio che ritorna e cerca di farlo in maniera pesante

Honor ha avuto un successo molto importante, specialmente in Italia che ricordo essere stato il terzo mercato più importante dopo la Russia e il Messico. Prima del ban americano Huawei registrava il 30% di quota mercato e Honor ne aveva il 9%. Ed era l’unico caso nel mondo dove la politica commerciale aveva fatto sì che due brand potessero crescere assieme senza che uno danneggiasse l’altro.

In occasione di un evento a Milano a inizio maggio avete sparato un numero ambizioso: 600 mila telefoni da qui alla fine dell’anno…

Ho detto tre cose. Ho detto che nel secondo trimestre volevo fare tre volte i risultati dello stesso periodo dell’anno precedente e oggi, che siamo a luglio, ho portato a casa quel numero senza drogare il mercato e senza fare dumping. Avevo detto che avrei fatto crescere il prezzo medio e il prezzo medio sta crescendo. Avevo detto che 500 mila pezzi era il nostro obiettivo di sell-out, ma che avremmo fatto il possibile per spingerci fino a 600 mila. Questa prima parte dell’anno mi sta dando ragione. Mi preoccupa però la discesa di Android.

Però questo è un problema che non riguarda soltanto Honor. Quindi, torniamo alla domanda di prima, che cosa sta succedendo ad Android? Perché non piace più?

Quello che secondo me è venuto a mancare oggi nel mondo Android è che non c’è più niente che sia veramente innovativo. Prima si spendeva veramente tantissimo tempo a raccontare il prodotto nelle sue caratteristiche principali. Quello che manca è che non si racconta più. Tutti ricordano le presentazioni monster che venivano fatte.

Quella era però un’epoca in cui sembrava che il consumo occidentale potesse andare perfettamente d’accordo con la produzione orientale e in particolare cinese. Poi questo rapporto di fiducia è stato meso in crisi. Può essere recuperato?

Sicuramente si può recuperare, dipende dai venditori. Prima del ban americano c’erano le fasce alte di prezzo, sopra gli 800 euro, quella bassa e un’ampia fascia intorno ai 600 euro in cui Huawei occupava il 23% del mercato. Quando è venuta meno Huawei, chi è che si è preso quella quota? Nessuno. Ci hanno provato in tanti, ma secondo me l’hanno fatto in maniera molto fredda e pensando di poter portare a casa subito il numero. Ma il numero va costruito nel tempo

Ma quella fascia di mercato esiste ancora?

Si è svuotata, si è riempita quella sotto i 200 euro

Il progetto di creare un ecosistema di device è ancora in piedi?

Il progetto è ancora molto valido. Continuiamo a credere nell’ecosistema, perché c’è chi l’ha fatto e quindi possiamo farlo anche noi. Però le cose fanno fatte bene. Noi stiamo iniziando con un tablet, sui laptop siamo pronti, ma il mercato è saturo e registra il calo del 40% è chiaro che non è il momento di entrare. Ma credo che tra febbraio e marzo del 2024 dovremmo essere nelle condizioni di poter fare una politica commerciale di introduzione dei laptop in Italia.

Vi siete dati un tempo entro il quale pensate di riuscire a raggiungere il risultato che vi siete prefissato?

I cinesi non sono pazienti, questo non è un mistero, perché vorrebbero ovviamente tutto e subito. Ma oggi la governance di Honor stabilisce che per il rispetto della catena del valore affinché una cosa possa andare bene devono guadagnarci tutti, a cominciare degli stakeholder in Cina, dai partner nelle varie regioni e dai clienti. Se uno di questi tre non guadagna, il gioco è già finito. Dobbiamo portare a casa il profitto che consenta di sostenere la baracca. Vorrei dire due anni. Oggi nell’open market stiamo crescendo ad una velocità importante e per me entro la fine del 2024 potremo dire di aver fatto un bel lavoro e avere il 10% del mercato. Sarebbe veramente una grande soddisfazione anche personale.

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