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Il 25 aprile dei presidenti della Repubblica

AGI – Il primo presidente della Repubblica a festeggiare il 25 aprile fu Luigi Einaudi, nel 1950, due anni dopo la sua elezione, ma l’immagine che resterà nella storia a lungo è quella di Sergio Mattarella che, solo e con la mascherina, depone una corona all’Altare della Patria durante l’epidemia di Covid. Negli anni tutti i presidenti hanno celebrato la Festa della Liberazione, chi con cerimonie tradizionali, chi con discorsi e chi visitando luoghi simbolo per la nostra Repubblica. La data era stata scelta da Alcide De Gasperi, segretario della Dc che guidava il governo provvisorio, con un decreto controfirmato il 22 aprile del 1946 dal principe Umberto di Savoia, Luogotenente generale del Regno: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. Dunque non il giorno della fine della guerra, ma quello in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), che aveva sede a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni insieme a Luigi Longo e al futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, aveva proclamato l’insurrezione generale nei territori ancora occupati dai nazifascisti.

 

 

Nei primi anni dopo la fine della guerra, grazie al clima di unità nazionale, le celebrazioni furono condivise da tutti i partiti presenti al governo, ma dopo la fine del governo di solidarietà nazionale e la sconfitta delle sinistre alle elezioni del 1948, le celebrazioni si differenziarono. Fu proprio allora però che intervenne una legge, la 260 del 27 maggio 1949, a stabilire che tra le “ricorrenze festive” della nuova Italia ci sarebbe stato, oltre alle date tradizionali come Natale e Pasqua e al 2 giugno Festa della Repubblica, il 25 aprile come “anniversario della liberazione”. Nel lungo dibattito alla Camera, che era allora presieduta dal futuro presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, l’elemento più discusso fu la proposta di inserire anche la data della Breccia di Porta Pia, ma fu considerata troppo divisiva e bocciata, mentre Giorgio Almirante si espresse anche contro la scelta del 25 aprile. L’anno successivo, alla prima occasione dopo l’istituzione della legge, Einaudi celebrò la festa consegnando alla citta’ di Reggio Emilia la Medaglia d’Oro al Valor militare, mentre nel 10′ anniversario della Liberazione, il 1955, scelse di celebrare prima a Genova e poi a Milano in una manifestazione ufficiale preceduta dalla messa dell’arcivescovo Montini, futuro papa Paolo VI. Da allora le celebrazioni furono sempre piu’ istituzionali, con presidente della Repubblica e presidente del Consiglio impegnati in cerimonie ufficiali.

 

Il 22 aprile del 1955, Giovanni Gronchi, allora Presidente della Camera che sarebbe stato eletto presidente della Repubblica venti giorni dopo, tenne un discorso in aula che fu poi pubblicato negli albi di tutti i comuni d’Italia. L’anno successivo la data coincise con un viaggio ufficiale di Gronchi in Francia; la concomitanza tra 25 aprile e un viaggio all’estero si ripetè nel 1969, quando Giuseppe Saragat volò a Londra, e nel 1986 quando Francesco Cossiga si recò a Berlino per una visita alla Germania Ovest. Saragat, nel 1970, unì alla tradizionale cerimonia all’Altare della Patria, una visita alle Fosse Ardeatine e poi un discorso al Quirinale. Stessa scelta, Altare della Patria e Fosse Ardeatine, fu replicata anche da Francesco Cossiga, poi da Oscar Luigi Scalfaro e da Carlo Azeglio Ciampi. Anche Giovanni Leone si attenne alla tradizione e a lui tocco’ parlare in uno dei 25 aprile più drammatici della storia della Repubblica, pochi giorni dopo il rapimento di Aldo Moro nel 1978.

 

“Nella vita dei popoli vi sono momenti di buio, momenti che sembrano disperati e il nostro popolo ne ha conosciuti. Ma quando ha trovato unita’ di intenti ha anche saputo attraverso lotte aspre e sanguinose, scrivere nella storia date luminose come quella della Liberazione che oggi celebriamo” (Giovanni Leone)

 

Sandro Pertini, dalla cui voce alla radio gli italiani ascoltarono l’ordine di resistere il 25 aprile 1945, eletto presidente della Repubblica nel 1978, cercò sempre di celebrare la Festa della Liberazione tra i giovani, a volte scolari altre volte militari, per spronarli a difendere la democrazia e la libertà. Il suo successore, Cossiga, si attenne alla tradizione, ma a pochi giorni dal termine del suo mandato, il 25 aprile 1992 scombussolò la normale liturgia della Liberazione dimettendosi in anticipo con un discorso a reti unificate “per meglio servire la Repubblica”. Fu un gong che sconvolse l’Italia e soprattutto il sistema politico già indebolito da Tangentopoli, di li’ a poco sarebbe nata la cosiddetta Seconda Repubblica. E anche le celebrazioni del 25 aprile ne furono segnate: nel 1994 all’indomani della vittoria alle elezioni politiche di Silvio Berlusconi, alleato di An e Lega, il centrosinistra rilanciò la radice antifascista della resistenza, al corteo Anpi di Milano parteciparono anche i vertici del Carroccio che ricevettero alcuni fischi. Bossi minimizzo’ ribadendo l’animo antifascista del suo partito. Scalfaro, eletto due anni prima, si attenne alla più tradizionale delle celebrazioni.

 

 

 

 

Successivamente Scalfaro è più volte intervenuto per definire il 25 aprile come un evento che coinvolge l’intero popolo italiano, mentre la pacificazione ha come presupposto la condanna della dittatura, con una distinzione tra responsabilità storiche e riconciliazione umana, in cui tutti sono commemorati con rispetto. Ciampi nel suo settennato ha promosso una lettura condivisa della Festa della Liberazione, ribadendo il legame inscindibile tra la Resistenza, la scelta della Repubblica dopo il referendum del 2 giugno 1946 e l’entrata in vigore della Costituzione, fondamentale legge dell’Italia libera e democratica, un impegno che aveva visto sia gli Alleati che i partigiani che l’intero popolo italiano con una prospettiva patriottico-risorgimentale. Una apertura sempre maggiore alla riconciliazione, seppure con la netta divisioni tra le ragioni e i torti, è venuta da Giorgio Napolitano. Oltre alle tradizionali cerimonie, l’allora presidente nel 2007 è volato a Cefalonia per ribadire che la Liberazione “è la festa di tutti gli italiani” e per diversi anni ha visitato luoghi simbolo della Resistenza, a cominciare da Sant’Anna di Stazzema. Due anni dopo a Onna, Silvio Berlusconi si e’ unito al corteo dell’Anpi.

 

 

 

Il primo 25 aprile di Sergio Mattarella ha coinciso con una data storica, il 70′ anniversario della Liberazione, che il Presidente ha voluto celebrare a Milano definendo quel passaggio della storia come il “fondamento etico della nostra nazione”, un concetto ribadito più volte anche per confutare i tentativi di revisionismo. “Ora e sempre Resistenza” ha scandito l’anno scorso in un lungo discorso da Cuneo. Prima Milano, poi Varallo Sesia, Fossoli, il campo di concentramento civile fascista di Casoli, Vittorio Veneto, Acerra sono stati i luoghi scelti negli anni dal Presidente per ricordare che tutto il Paese ha contribuito alla lotta contro il nazifascismo, ma l’immagine che resterà per tutti negli occhi è quella della sua discesa solitaria dall’Altare della Patria, con la mascherina, mentre l’Italia era in Lockdown per il Covid.  

 

 

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