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Il Pd presidia la Commissione sul salario minimo

AGI – Il Partito Democratico teme il ‘blitz’ del centrodestra sul salario minimo. La scelta del presidente della commissione Lavoro della Camera di aggiornare i lavori a martedì sera (18 luglio), anziché al giorno successivo, fa crescere i sospetti dei dem: “Noi siamo sempre ben disposti a discutere, ma non pensino di votare l’emendamento soppressivo” della proposta di legge delle opposizioni per l’istituzione del salario minimo legale, sono le parole di Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro.

Che la tensione sia alta lo dimostra anche la scelta della segretaria Pd, Elly Schlein, di presentarsi alla Camera, di ritorno da Bruxelles dove ha partecipato al prevertice dei Socialisti. La leader dem si è soffermata con Scotto e Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, in una pausa dei lavori parlamentari, e parteciperà ai lavori della Commissione, intervenendo a inizio seduta.

Ma è tutto il Pd della Camera a essere massicciamente presente ai lavori, tanto che è stato necessario aggiungere dei posti a sedere, specifica una fonte parlamentare. E oggi, ai lavori della Commissione, potrebbero partecipare anche Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni. “Noi non possiamo non vedere, e il governo Meloni non può non vedere, che ci sono tre milioni e mezzo di lavoratori poveri anche se lavorano, dati che ha fornito l’Istat. I sondaggi dicono che c’è un’aspettativa del 75 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori a favore del salario minimo”, ha spiegato Schlein arrivando alla Camera.

“La proposta delle opposizioni, formulata in maniera unitaria, vuole rafforzare la contrattazione collettiva e dire che anche quella contrattazione non può scendere sotto i nove euro ed è assurdo che la destra cerchi di far passare l’emendamento soppressivo. Siamo qui e saremo in commissione e non molleremo di un centimetro su questa proposta”, ha sottolineato ancora.

Una posizione unitaria

Le opposizioni hanno trovato, dopo settimane di confronto su questo tema, un punto di caduta nel testo depositato in commissione. Un testo che accorpa le sei proposte presentate a inizio legislatura da Pd, M5s, Azione e Alleanza verdi e sinistra. L’articolo 1, spiega la relazione illustrativa, vuole rappresentare un’ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali.

La soglia opererebbe solo sulle clausole relative ai ‘minimi’, lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive. Il testo garantisce che potranno restare validi i contratti scaduti o disdettati. Contro la proposta di legge, tuttavia, la maggioranza ha immediatamente alzato un muro e il dibattito fra le forze politiche si è acceso questa mattina, in concomitanza con l’intervento del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, all’assemblea di Coldiretti: “In Italia non serve il salario minimo. Serve un salario ricco, perché non siamo nell’Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio”, ha sottolineato il responsabile della Farnesina.

“Vorrei segnalare al ministro degli Esteri del governo Meloni che non corriamo alcun pericolo di finire in Urss anche perché l’Urss non esiste più da 32 anni“, risponde Calenda. “Poi, già che ci siamo, lo inviterei a leggere il testo della proposta di legge sul Salario minimo”, aggiunge.

Per Giuseppe Conte la priorita’ del ministro degli esteri e quella del governo che rappresenta “sono i soliti privilegiati”, è a loro, per il presidente M5s che si rivolge Tajani quando parla di “salario ricco”. “Se tu come argomento usi ‘Non siamo in Urss’ vuol dire che la vuoi mandare in vacca la discussione, neanche al bar discutono cosi’, vuol dire che non hai alcun argomento credibile”, chiosa il presidente Pd, Stefano Bonaccini.  

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